Il monologo viene definito un vero e proprio trucco o convenzione teatrale da parte di chi lo scrive, come il drammaturgo, e di chi lo interpreta, per poter tenere alta l’attenzione del pubblico e rendere partecipe lo spettatore.
Da non confondere con il soliloquio, ossia quando l’attore pensa a voce alta, rivolto a un pubblico che potrebbe non essere presente fisicamente davanti all'attore stesso. Un esempio è “Essere o non essere” nell'Amleto di Shakespeare.
Dunque, il monologo teatrale ha la funzione principale di intrattenere il pubblico raccontando un evento, una riflessione, un flusso di pensieri, non necessariamente monotematici, indirettamente riferiti a qualcuno, presente o non presente sulla scena.
Particolarità e difficoltà di interpretazione
L’interpretazione di un monologo teatrale prevede diverse attitudini e caratteristiche: l’attore o l’attrice che vorranno interpretarlo, dovranno essere prima di ogni cosa disposti a studiare a fondo tutte le intenzioni, cogliere ogni sfumatura, e soprattutto analizzare il “sottotesto” per potersi immedesimare nel miglior modo possibile. Studiare un monologo di teatro significa analizzarlo, dividerlo in parti, analizzare la storia del personaggio che lo interpreta e infine portare l’esperienza dell’attore a unirsi con quella del personaggio stesso, per renderlo credibile e naturale.Interpretare un monologo teatrale non è più difficile rispetto all'interpretazione di un dialogo, anche se dipende dalla complessità, dalla lunghezza e dalla condizione in scena adottata dal monologo stesso.
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